Corte Costituzionale: basta il ricorso cautelare per impugnare trasferimento e licenziamento

Con sentenza n. 212 depositata il 20 ottobre, la Corte Costituzionale ha stabilito che il ricorso cautelare contro il trasferimento o contro altri atti del datore di lavoro, compreso il licenziamento, è di per sé già idoneo a impedire la decadenza prevista dall’ art.6, comma secondo, della legge 15.07.1966 n. 604, a patto che questi sia proposto nel prescritto termine di 180 giorni.

Nel caso in esame, un lavoratore aveva infatti avanzato, entro il termine tassativo di 180 giorni, ricorso d’ urgenza contro il trasferimento deciso dal suo datore di lavoro verso un’ altra regione, ma non aveva proposto il giudizio di merito (sempre entro lo stesso termine di 180 giorni) che per legge impedisce la decadenza dall’ impugnazione; il ricorso cautelare è quindi considerato idoneo a impugnare un atto del datore di lavoro, al pari di un ricorso ordinario o di una richiesta di conciliazione o arbitrato.

La Corte Costituzionale con questa sentenza dichiara quindi l’ illegittimità costituzionale dell’ art. 6, secondo comma, della legge 604/1966 (“Norme sui licenziamenti individuali”) nella parte in cui prevede che l’ impugnazione sia inefficace se non seguita, entro successivi 180 giorni, dal ricorso al giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte di tentativo di conciliazione/arbitrato, e anche dal deposito del ricorso cautelare anteriore alla causa ai sensi degli artt.669-bis, 669-ter e 700 del codice di procedura civile.

Il Tribunale di Catania, che aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale, potrà adesso pronunciarsi in merito alla fondatezza dell’ impugnazione proposta in via cautelare dal lavoratore, decisione che gli sarebbe stata preclusa se fosse scattata la decadenza.

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